Kamala
2019-12-05 19:01:30 UTC
Boh, forse non sa di niente, ma io mi appoggio sempre più spesso a cose
che non sanno di niente, poi oggi mi gira male e, prima di concludere la
parte "impegnata" del giorno, voglio distrarmi un attimo qui, su quello
che Biggo ha definito - con efficacia - 'sto cadavere.
Allora, sul mio cellulare è presente un'applicazione che si chiama
Telegram. Molti la conosceranno, altri - forse - no; è comunque un
sistema di "messaggistica istantanea", come si dice; una cosa, insomma,
tipo la più nota Whatsapp.
Dunque, non so se valga anche per Whatsapp, ma su Telegram si può
comunicare, volendo, col numero telefonico "nascosto"; ignoro come si
faccia: non mi interessa, non mi serve.
L'ho sempre usata per i messaggi con coloro tra i miei contatti
telefonici che ce l'hanno, fine.
Sta di fatto che martedì sera mi trovo il seguente messaggio, da un non
meglio definito "Utente":
- Ma pure qua stai
Sorvolando inizialmente sull'assenza del punto interrogativo* e pensando
che sia qualche mio conoscente di cui ignoro alcuni meandri della psiche
(mentre lui o lei, d'altra parte, ignora i miei) rispondo così:
- Chi sei?
Il giorno successivo ricevo la seguente illuminante risposta:
- Va be' se
A quel punto sono un po' irritata, ma quell'apostrofo sul be' mi ha
suggerito di non pigiare su "blocca utente": penso che un margine di
recupero possa esserci (anche se il "se" lasciava poca speranza invero).
Elaboro dunque una frase meno secca del troppo diretto "chi sei?" e
scrivo:
- Scusa, il tuo numero risulta nascosto, quindi non so chi tu sia.
Qualche minuto dopo arriva un
- Vieni
che non leggo subito.
Mezz'ora dopo, l'agnizione (per lui/lei):
- Mi scusi c'è stato un caso di omonimia
- Prego.
Rispondo io, con la fermezza del mio punto... definitivo.
Perché ho raccontato 'sta stronzata?
Boh, non lo so, ma qualcosa mi ribolle in pentola e mi fa pensare al
profluvio impressionante di dialoghi scritti che volteggia oggi nel
mondo; alle parole, a quelle belle parole che ci fanno uomini, ai segni
inventati per tenerle fisse, dargli forma, forza, odore; al pensiero e
al sentimento bello, profondo, amorevole che possono stare dentro un
semplice "buonasera!", e alla dispersione insensata del senso, che ci
fionda in un abisso dal quale io - parlo per me: io - non credo di poter
risalire.
*Anche qui su AFF alcuni non lo usavano; sulla rete in generale, e in
particolare sui social in voga, vedo che sta antipatico a molti... Io
resto comunque affezionata alla punteggiatura, e forse soprattutto al
punto di domanda: ne faccio quasi una questione filosofica.
che non sanno di niente, poi oggi mi gira male e, prima di concludere la
parte "impegnata" del giorno, voglio distrarmi un attimo qui, su quello
che Biggo ha definito - con efficacia - 'sto cadavere.
Allora, sul mio cellulare è presente un'applicazione che si chiama
Telegram. Molti la conosceranno, altri - forse - no; è comunque un
sistema di "messaggistica istantanea", come si dice; una cosa, insomma,
tipo la più nota Whatsapp.
Dunque, non so se valga anche per Whatsapp, ma su Telegram si può
comunicare, volendo, col numero telefonico "nascosto"; ignoro come si
faccia: non mi interessa, non mi serve.
L'ho sempre usata per i messaggi con coloro tra i miei contatti
telefonici che ce l'hanno, fine.
Sta di fatto che martedì sera mi trovo il seguente messaggio, da un non
meglio definito "Utente":
- Ma pure qua stai
Sorvolando inizialmente sull'assenza del punto interrogativo* e pensando
che sia qualche mio conoscente di cui ignoro alcuni meandri della psiche
(mentre lui o lei, d'altra parte, ignora i miei) rispondo così:
- Chi sei?
Il giorno successivo ricevo la seguente illuminante risposta:
- Va be' se
A quel punto sono un po' irritata, ma quell'apostrofo sul be' mi ha
suggerito di non pigiare su "blocca utente": penso che un margine di
recupero possa esserci (anche se il "se" lasciava poca speranza invero).
Elaboro dunque una frase meno secca del troppo diretto "chi sei?" e
scrivo:
- Scusa, il tuo numero risulta nascosto, quindi non so chi tu sia.
Qualche minuto dopo arriva un
- Vieni
che non leggo subito.
Mezz'ora dopo, l'agnizione (per lui/lei):
- Mi scusi c'è stato un caso di omonimia
- Prego.
Rispondo io, con la fermezza del mio punto... definitivo.
Perché ho raccontato 'sta stronzata?
Boh, non lo so, ma qualcosa mi ribolle in pentola e mi fa pensare al
profluvio impressionante di dialoghi scritti che volteggia oggi nel
mondo; alle parole, a quelle belle parole che ci fanno uomini, ai segni
inventati per tenerle fisse, dargli forma, forza, odore; al pensiero e
al sentimento bello, profondo, amorevole che possono stare dentro un
semplice "buonasera!", e alla dispersione insensata del senso, che ci
fionda in un abisso dal quale io - parlo per me: io - non credo di poter
risalire.
*Anche qui su AFF alcuni non lo usavano; sulla rete in generale, e in
particolare sui social in voga, vedo che sta antipatico a molti... Io
resto comunque affezionata alla punteggiatura, e forse soprattutto al
punto di domanda: ne faccio quasi una questione filosofica.
--
"... e pensare che c'era il pensiero.
(Giorgio Gaber)
"... e pensare che c'era il pensiero.
(Giorgio Gaber)